mercoledì 17 dicembre 2014

Leghismo, putinismo, fascismo

Il legame ideologico tra fascismo e leghismo è già sufficientemente evidente nella xenofobia identitaria che caratterizza l'ormai nomade (una vendetta della storia, per il partito anti-Rom) LN. Un faro sembra però esser stato fornito ai "camminanti" della destra dal nuovo "uomo della provvidenza", stavolta d'importazione, Putin, in cui convergono (forse al di là delle intenzioni strumentali di colui che festeggia il compleanno nel giorno in cui qualcuno ha ammazzato la Politkovskaja) il culto del Capo, l'antiamericanismo, l'antieuropeismo e la solita brodaglia di presunti "valori" legati all'ethnos (più una new entry: quella cazzata tipicamente fascista che è l'Eurasia). Ma le reti ideologiche sono fatte di uomini in carne ed ossa. Leggiamo una parte dell'art. di Giovanni Savino:
Interessante notare come, nonostante la professione di apoliticità di Lombardia-Russia, la sua direzione sia saldamente nelle mani degli esponenti leghisti e a presiederla sia Gianluca Savoini, firma storica de La Padania e attualmente vicepresidente del Corecom lombardo. A dettare la linea ideologica è Max Ferrari, già espulso dalla Lega nel 2006 dopo 17 anni di militanza per contrasti con l'allora «cerchio magico» e per la sua fedeltà alla battaglia indipendentista e ora riammesso proprio da quel Salvini che aveva bollato 8 anni fa come «rampante». Appena rientrato nei ranghi del movimento padano, Ferrari si è gettato in un'instancabile attività filo-russa, non limitandosi ad articoli su La Padania, ma anche collaborando con la redazione italiana di Voce della Russia e lanciando una versione russa del proprio blog. L'idea del giornalista varesotto è di includere il Nord Italia in un progetto più ampio dell'Eurasia dei popoli, adottando le idee di Dugin e di Jean Thiriart.
Non a caso, il nome dell'ex SS belga, fondatore della Giovane Europa negli anni Sessanta, circola nemmeno tanto di nascosto negli ambienti leghisti: in un documento presentato negli scorsi mesi come contributo al dibattito congressuale della Lega, si legge che: «Alcuni decenni or sono Jean Thiriart elaborò la teoria geostorica dell’Eurasia. Il geopolitico belga era convinto che la strada da seguire fosse quella di unire le terre comprese tra Lisbona e Vladivostok in un’unica nazione, uno spazio continentale che prende ragione della sua esistenza dal momento della caduta dell’U.R.S.S. Tale nazione, nella prospettiva di Jean Thiriart, dovrà essere uno stato politico, un sistema aperto e in espansione che sia espressione di uomini liberi verso un futuro collettivo e condiviso. Noi partiamo da questa visione per proporre l’Europa delle Patrie in cui siano i popoli a decidere del loro futuro. Un grande territorio i cui tutti i popoli saranno padroni di decidere seguendo le loro tradizioni come la loro cultura millenaria. Mille patrie in un'unica nazione, quella europea. Vogliamo costruire un’Europa dei popoli federata ad una grande Russia».
Il documento, in cui sono presenti contributi di Pietrangelo Buttafuoco e Diego Fusaro [un ittoresco "filosofo" che si dichiara hegelo-marxista; una roba da avanspettacolo, NdR], è stato elaborato dal circolo Il Talebano, gruppo di approdo degli ex militanti della galassia neofascista milanese. I più in vista di essi sono Fabrizio Fratus, esponente storico dell'estrema destra meneghina, già segretario di Daniela Santanché e attualmente impegnato con la rivista Sintesi nella battaglia anti-evoluzionista, e Vincenzo Sofo, attualmente consigliere di zona del Carroccio ma con un passato da segretario di Gioventù Italiana, ala giovanile de La Destra di Storace.
Il documento indica varie strade da seguire nella marcia verso destra della Lega, con posizioni apertamente omofobe, xenofobe, e però indicando nella costituzione di una Lega delle Patrie (Fratus è l'animatore dell'associazione Patriae) la possibilità di costruire il Front National italiano. Infatti la Lega non abdica alle sue ambizioni nordiste, ma prova a costruire un fronte con altre realtà indipendentiste nella penisola, anche se per ora il bacino d'influenza della formazione di Salvini è l'area neofascista.
Alle ultime elezioni europee il Carroccio è riuscito, per la prima volta nella storia, a conquistare un deputato a Strasburgo nella circoscrizione dell'Italia centrale. Mario Borghezio, volto storico della Lega, è stato eletto grazie all'appoggio di Casa Pound e di altri esponenti dell'estrema destra. L'attività dell'ex ordinovista piemontese nel Lazio è particolarmente frenetica: la presenza di Borghezio ai cortei anti-immigrati di Casa Pound è frequente, e ha partecipato a giugno all'assemblea di Avanguardia Nazionale, appellandosi a Stefano Delle Chiaie come guida per la rivoluzione nazionale. Le amicizie dell'eurodeputato si estendono a Progetto Nazionale, iniziativa promossa dal «barone nero» del neofascismo meneghino, Roberto Jonghi Lavarini, le cui simpatie si estendono da Pinochet a Dugin, con il quale ha avuto modo di scambiare qualche parola durante la conferenza di luglio.
Attenzione al nome "Dugin": Aleksandr Gelyevich Dugin. Ne riparleremo. E attenzione a questa rete di conoscenze vecchie e nuove (tutte con la medesima matrice nazista scritta in fronte): questi si stanno organizzando, a livello ideologico, politico, economico (occorrerà "seguire i soldi": chi finanzia questa gente?), e hanno un obiettivo (l'attacco all'euro) che la confusione dei tempi può rendere sfortunatamente appetibile anche per una "sinistra" divisa fra revisionismo (autodafé?) neoliberale (PD) e "disperazionismo movimentista" (un calderone anarcoide in cui personaggi come Fusaro o Bagnai fungono da pesci pilota per "masse" atomizzate e senza orizzonte).

In sostanza: sono pericolosi. Vigilanza.