venerdì 2 ottobre 2015

A. de Benoist, A. Dugin, V. Putin e la "grande proletaria"

Quel vecchio rottame fascista di Alain de Benoist, ospitato (http://www.4pt.su/en/content/turning-point) nel sito di quell'altro vecchio rottame fascista che risponde al nome di Aleksandr Dugin (uno dei fan del dernier cri: identità, patria e tradizione; la solita vecchia merda, insomma), così scrive, tra le altre vetuste fregnacce:
Russia, for its part, is seeking to implement a new geopolitical axis with Beijing and Tehran, a factor of multipolar balance of power opposed to the Atlanticist endeavors. The Chinese, after long procrastination, are no longer hiding their desire to “de- Americanize the world.”  Yet, the future of Russia, a great power, albeit still fragile, in a similar way as China, with its own inner contradictions, remains uncertain. Countries of Eastern Europe are still hesitant  as to which path to follow—all the more so as Germany is seeking to replace the former USSR as a federating factor in Eastern and Central Europe.
We are witnessing a restructuring of the forms of world domination. The United States, with its financial markets, its armed forces, its language and its culture industries remains the leading world power. Its economic impact, however, is decreasing bit by bit (its share of global industrial output has fallen from 45% in 1945 to 17.5% today), with the dollar representing today only a third of world trade in comparison to more than a half in 2000.  The process of “de- dollarization” has already and simultaneously begun, in oil and gas trading and on the monetary front. Russia and China, emulated by other Third World countries, are using more and more their national currencies in trade and investment. The project of trade in energy and raw materials, without resorting to the dollar, is beginning to take shape. Meanwhile, the purchase of gold is gathering momentum. The advent of a new international reserve currency, designed to replace the dollar, seems inevitable.
[...]
It is no longer unreasonable to think that the war is approaching and that it will be a new world war. This will not be a “clash of civilizations” (for this to happen one needs some civilizations), nor a war between “Islam” and the “West.” Again it will be a war between the East and the West. A “final battle” between the powers of the Earth and the powers of the Sea, between the continental powers and thalassocratic powers, between the money system and the principle of reality. NATO, which has become an offensive military alliance servicing the American wars, remains the most threatening coalition to world peace. A sign went out when Vladimir Putin was labeled by the Americans as the main enemy. On December 4, 2014, the House of Representatives passed a resolution amounting to the declaration of war against Russia. The alternative is war.
Ora, direte voi, a parte la bavetta che ogni fascio che si "rispetti" suppura al sentir parlare di "guerra finale" (salvo poi ammazzarsi vilmente in cantina o far bungee jumpee a Piazzale Loreto), che c'è di nuovo? Nada de nada: il vecchio nulla si inserisce nel vuoto lasciato dal fallimento del "socialismo reale", e sfrutta un antiamericanismo, ormai "razziale" e sradicato da ogni contesto politico (un po' come il neo-antigermanesimo), per i suoi soliti, vani e fumosi scopi. Però.

Però, il richiamo al nazionalismo ora acquisisce un nuovo appeal in un'Europa attraversata dalla coglioneria separatista (come se non fosse il lavoro a produrre valore, ma il differenziale fra le monete): ergo, il populista che corre dietro alla magica "sovranità monetaria" troverà qualcosa di gradito anche in questa fetida brodaglia nazi. Slogan, direte voi; ma il marketing non si basa forse sul minimo contenuto (la qualità del contenuto di un messaggio è inversamente proporzionale alla sua trasmissibilità)?

E che dire del richiamo alla "tradizione" e all'"identità"? Un tempo appannaggio di nonagenari monarchici in preda a tempeste alzheimeriane, queste parole d'ordine si sono insinuate furbescamente nel discorso del sedicente "antiglobalismo" (anche nella sinistra olim-marxista, sebbene Karl Marx sia sempre stato un fautore della globalizzazione dell'economia, anche capitalistica), e si sono poi saldate nelle battaglie più sceme della SFOU (Sinistra Fieramente Omeopatica Universale) e dei no-global (la lotta [?] contro i MacDonalds e contro il frainteso concetto di "omologazione").

Ma la trasformazione più (ahimè) riuscita coinvolge la visione primitiva del sistema finanziario (tanto indispensabile quanto effettivamente problematico; Guido Rossi docet), le democrazie "anglosassoni" (USA e UK), e le potenze che ostacolerebbero l'omologazione anglo, in primis Russia e Cina. Questo spostamento del conflitto sociale dalla realtà economica alla mitologizzazione dei rapporti di forza internazionali fa ovviamente battere l'accento sulla "potenza", in quanto, sebbene Benoist si lasci sfuggire un buffo "Russia and China, emulated by other Third World countries" (omaggio al terzomondismo che fu: marketing), ciò che rende questi Paesi appetibili a chi sia disposto a bersi tale indigesto mix di lacerti ideologici è la potenza militare. Il mondo può ignorare (e di fatto ha sempre beatamente ignorato) il ragliare isterico degli asini che si riuniscono in conventicole eversive o pseudo-sovversive "definitive" (questa gente sembra ereditare le fanfaluche magiche di roba come l'Astrum Argentinum di Crowley: onnipotenza "egizia" e mendicità quattrogattesca). Ma quando le mosche cocchiere (debenoistiane, duginiane, lepeniane, o, moooolto più modestamente, salviniane) di questo stampo si avventano sulla graveolente coda della potenza militare, nessuno (o almeno questo credono, dalla loro, come dire?, acconcia posizione anatomica) potrà più ignorarle.

Ma c'è anche di peggio: questi confusi mitologemi (l'Eurasia, la nazione, la tradizione: il sinn fein dei cani innamorati del proprio inimitabile fetore) si saldano, nel neo-nazismo, in una parodia della lotta di classe marxista, trasferita, come dicevo, ai rapporti di forza tra le nazioni, per cui gli "eroici straccioni slavi" (straccioni sì, ma di grande dirittura moral-nazionale; dice infatti Dugin che sarebbero physei nemici del subdolo progetto liberale di sdoganamento dell'omosessualità) si oppongono ai "decadenti (e corrotti) ricchi anglosassoni", esibendo il loro uomo forte, Putin (che a Dugin sembra un po' troppo moderato, ma che per Benoist è oggetto di vaticinii da Armageddon).

Ed ecco che un'immagine (che dice molto meno di mille, anzi, di una sola parola, ma in compenso è efficacissima a nasconderne milioni) sintetizza il tutto e "completa" adeguatamente l'articoletto di Benoist:


Efficace, no? Ora, si aggiunga il "pericolo del meticciato" ed il latente (ma mica tanto latente, ormai) antisemitismo (anche qui abbiamo una saldatura, indebita, criminale ed efficiente: l'alleanza fra USA e Israele si inserisce nella mitologia antiebraica della "cupola razziale" che governerebbe il mondo: i Savi funzionano ancora egregiamente, purtroppo), ed ecco servito un bel piatto di veleno, che somiglia molto alle "forze animali" che hanno servito il nazismo. E il metodo è sempre quello, collaudatissimo, pascoliano: La grande proletaria si è mossa...