martedì 7 settembre 2010

La conversione come integrazione


Leggo sul blog di Daniele Sensi (che invito a seguire: in futuro, quando la merda leghista avrà attraversato la fogna, e sarà arrivata al mare, che tutto assorbe e dissolve, il suo sito sarà una fonte indispensabile per gli antropologi) che un Coso Buffo - tal Claudio D'Amico, sindaco di Cassina de' Pecchi (MI) - ha affermato quanto segue:
"Un islamico che viene qua si può dire integrato quando si converte al cristianesimo. Qui sta il punto che ci dice se c'è integrazione o no" (Radio Padania, 6.09.2010)

Il Coso Buffo in questione è effigiato qui a lato, e costituisce di per sé un'inquietante prova delle buone ragioni di Lombroso. Ma transeat. Nella scheda zoologica di questo scarto di nazi, che si può leggere sul benemerito sito OpenPolis, questo bradipo mal riuscito risulta a) sindaco di Cassina; b) deputato. Ora (prescindendo dalla questione degli stipendi: spero almeno che questo incidente biologico non ne intaschi due facendo il lavoro di un leghista, cioè un cazzo), un personaggio (?) politico (?) che scambia l'integrazione con la conversione sarebbe un relitto di una qualche epoca pre-moderna, se credesse a quel che dice. Ma, se, come immagino, questa pecorella verde non crede alle sue cazzate, dobbiamo fare un'ipotesi più cupa: il mercato degli Untermenschen che si nutrono politicamente della deumanizzazione altrui è vivo e vegeto, come del resto dimostrano i sondaggi favorevoli al NSDAP di Bossi.

Ora, io porrei una domanda molto semplice (e molto attuale, viste le fessissime polemiche sui fischi a Schifani): qual è il limite oltre il quale si deve parlare di
pericolo, e non di avversario politico? Di nemico, e non di concorrente? Fassino o Pigi Battista avrebbero intavolato un pacato dibattito con l'on. Hitler?

Quando, e come,
hic et nunc, si riconosce un Hitler? E quando, precisamente, si agisce di conseguenza?

No, chiedo, eh.

Nessun commento:

Posta un commento