giovedì 18 giugno 2009

Facce da quacquaracquà 1: Ignazio "Nicodemo" La Russa
















Ci sono dei fascisti che si vergognano di esser tali.
Giustamente, certo. Sciaurati che mai non fur vivi. Se sono ripugnanti per i loro camerati, a noi fanno schifo ab ovo. Con ottime ragioni, I think.
Comunque, questi servi lasciano una visibile traccia di bava: "Il cane torna al suo vomito" (Prv 26, 11).

"Io il giorno della Liberazione lo celebro venendo in visita qui", dichiarò il 25 aprile 2007 il ministro della difesa Ignazio La Russa - dove sono tumulati i resti di alcune centinaia di caduti della Rsi (tra loro Alessandro Pavolini, il comandante delle Brigate Nere, Francesco Colombo, il fondatore della Legione Muti, ma anche una decina di SS italiane, numerosi militi della Decima Mas e qualche torturatore della Banda Kock).
(Paolo Berizzi, Bande nere, Bompiani, Milano 2009, pp. 67-68)

[...] Nico Azzi, per la cronaca, apparteneva al gruppo La Fenice, la sezione milanese di Ordine nuovo. Rimase ferito dall'esplosione del detonatore, il 7 aprile 1973, nella toilette [per i fascisti, la fogna dev'essere una vocazione, NdNamib] del treno Torino-Roma mentre tentava di innescare un ordigno a tempo, composto da due saponette di tritolo da mzzo chilo l'una, che avrebbe certamente provocato una strage. Le modalità di svolgimento dei suoi funerali, nel gennaio del 2007, suscitarono più di qualche protesta, soprattutto per il luogo in cui fu ufficiato il rito funebre: la basilica di Sant'Ambrogio, dedicata al patrono della città. Tra fasci littori, croci celtiche, svastiche e saluti romani. Nico Azzi fu accompagnato nel suo ultimo viaggio da una folla di camerati. Tra loro, in prima fila, l'attuale ministro della difesa e reggente di Alleanza nazionale Ignazio La Russa.
(ibid., pp. 80-81)

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